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Integrazione Architettonica della Tecnologia Solare Termica - II parte

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Il noto quesito posto da Fuller “Se il successo o il fallimento di questo pianeta, e della specie umana, dipendesse da quello che sono e da quello che faccio, come sarei? E che cosa farei?” viene ripreso e sviluppato [1] per introdurre non solo l’ideale di un’etica a servizio dell’ambiente ma anche la responsabilità quasi epocale che grava sui progettisti da una parte nel diffondere ed applicare un'arte del "costruire sostenibile", dall'altra nel ricercare i "modelli generativi" propri dell'edilizia bioclimatica. Su questa scia si inseriscono [2] numerose affermazioni di principio variamente indirizzate verso l’obiettivo della qualità ambientale, conseguibile attraverso una “architettura energeticamente consapevole”; la consapevolezza deriverebbe dall’impiego di avanzati strumenti informatici a supporto della progettazione. Viene quindi auspicato "Un nuovo modo di progettare, il cui insegnamento si sta diffondendo nelle facoltà di architettura più sensibili alla necessità di un approccio energeticamente sostenibile, nell’ambito della progettazione edilizia".
 
Entrano così in scena i concetti di sostenibilità e di bioclimaticità, variamente interpretati e variamente adattati all'architettura, all'edilizia e all'urbanistica, nei quali, appoggiandosi alle dottrine ecologiste, viene esaltato l’impiego delle fonti rinnovabili di energia come equilibrato compromesso tra progresso e benessere da una parte e natura ed ecosistema dall'altra. Di recente si sta affermando una metodologia denominata LCA (Life Cycle Assessment), ovvero Valutazione del Ciclo di Vita, normata dalla Serie ISO 14040 e ufficialmente definita come segue (SETAC, 1990):"Procedimento oggettivo di valutazione di carichi energetici ed ambientali relativi ad un processo o un'attività, effettuato attraverso l'identificazione dell'energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell'ambiente. La valutazione include l'intero ciclo di vita del processo o attività, comprendendo l'estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l'uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale".
 
Una procedura LCA si sviluppa secondo quattro fasi:
 
  • Fase 1, definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione (norma ISO 14041);
  • Fase 2, analisi dell’inventario (norma ISO 14041);
  • Fase 3, valutazione dell’impatto (norma ISO 14042);
  • Fase 4, interpretazione (norma ISO 14043).
 
Fra le possibili applicazioni della LCA si evidenziano [3]:
 
  • Confronto tra sistemi alternativi di prodotto e produzione che abbiano la medesima funzione (processi produttivi che impiegano fasi diverse con materie prime diverse);
  • Analisi degli impatti ambientali di un prodotto con uno standard di riferimento;
  • Identificazione degli stadi del ciclo di vita di un prodotto che presentano maggiore impatto ambientale;
  • Riduzione dei costi tramite l'individuazione di aree dove realizzare economie o livelli maggiori di ottimizzazione;
  • Comunicazione d'informazioni ambientali che possono essere usate per ottenere etichette di qualità ambientale e dichiarazioni ambientali di prodotto (Ecolabel, Environmental Product Declaration);
  • Design e scelta delle tecnologie di prodotto: valutazione comparativa di prodotti della concorrenza ed opportunità di identificare possibili miglioramenti del prodotto in fasi diverse del suo ciclo di vita;
  • Strategie tecnologiche ed impiantistiche: possibilità di scegliere opzioni tecnologiche caratterizzate da un minor consumo di energia e materiali;
  • Supporto nei processi di concertazione territoriale per la valutazione e la promozione dell'innovazione tecnologica ambientale;
  • Selezione degli indicatori rilevanti di performance ambientali;
  • Educazione e divulgazione.
 
Allo stato attuale questa metodologia presenta delle limitazioni sia costitutive, come il fatto che si tratta di un’analisi di primo principio, sia legate alle procedure, come il fatto di essere maggiormente applicabile a indicatori di impatti su scala globale piuttosto che su scala locale.
 
E' opinione diffusa che tutto ciò che viene etichettato come "sostenibile" sia intrinsecamente giusto e viceversa; c'è da chiedersi però chi e secondo quali criteri è in grado di valutare quale sia il limite tra sostenibilità e non sostenibilità e rispetto a quale sistema di riferimento debba essere condotta tale valutazione. Quesito elementare ma a cui non si è trovata risposta. Si è però trovata una pubblicazione dal titolo “Impiantistica sostenibile” [4] nella quale l'autore afferma che in termini impiantistici la sostenibilità è da intendersi essenzialmente come "soddisfacimento delle esigenze di controllo ambientale in un quadro di contenimento dei consumi di energia, dei consumi di acqua e delle emissioni inquinanti, nonché di impiego delle fonti di energia rinnovabili". Per alcuni [5] tali esigenze si concretizzano nei seguenti elementi di qualificazione:

  • la possibilità di integrazione dell’impianto di climatizzazione con sistemi solari (o con altre fonti rinnovabili come la geotermia e le biomasse);
  • la capacità di tener conto dell’inerzia termica e dell’irraggiamento solare mantenendo prestazioni elevate (impianti di regolazione con sonde climatiche);
  • la capacità di soddisfare le esigenze di caldo e freddo con un unico impianto preferibilmente centralizzato;
  • la riduzione delle dimensioni degli apparecchi;
  • la possibilità di cogenerare energia ed eventualmente cedere quella in eccesso;
  • il ridotto effetto inquinante del combustibile usato.
 
In sintesi le correnti di pensiero che fanno tendenza tra gli architetti che scrivono su periodici e riviste convergono verso i seguenti temi: da un lato l'utilizzo delle fonti energetiche classificate come rinnovabili, da un altro il necessario compromesso tra estetica, architettura, efficienza e funzionalità dal quale può sorgere un nuovo linguaggio tecnico-formale, da un altro ancora la presa di coscienza che questi processi sono limitati e ridotti da vincoli di tipo economico, urbanistico e ambientale. Il suddetto compromesso condiziona direttamente la configurazione di quelle parti di edificio che, svolgendo il ruolo di separazione tra ambiente interno ed ambiente esterno, vengono ad assumere notevole rilevanza sotto il profilo termoigrometrico, dell'inerzia termica, dell'irraggiamento solare e più in generale sotto il profilo termodinamico; proprio in queste parti, ovvero prospetti, coperture, aggetti e rientranze, si pone il problema dell'inserimento e dell'eventuale integrazione della tecnologia solare.

[1] Parodi Dandini E., “Progettazione, etica e design. Connubio ancora possibile” in Casa&Clima n.11, gennaio-febbraio 2004, pagine 22-24.
[2] Schibuola L., Cecchinato L., Iaschi M., “Architettura energeticamente consapevole” in CDA n.10/07, pagine 20-28.
[3] Amadio F., “La metodologia LCA” relazione, Firenze, 10 maggio 2007.
[4] Filippi M., Corgnati S. P., Fabrizio E., “Impiantistica sostenibile” in CDA n. 02/07, pagine 42-46.
[5] Cellai G., Rivizzigno N., “Le nuove tendenze impiantistiche” in CDA n. 05/08, pagine 26-34.



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