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Legionella - I parte

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Tags: Legionella



Il batterio Legionella è stato identificato per la prima volta nel 1977 negli Stati Uniti, effettuando studi sul tessuto polmonare di numerose persone decedute l’anno precedente a seguito di una pneumopatia acuta febbrile riconducibile ad un ben determinato evento: nel luglio 1976, a Filadelfia, durante un raduno annuale di reduci militari (American Legion) presso l’Hotel Bellevue, avevano contratto la malattia circa 200 persone delle 4000 presenti, con un tasso di mortalità del 15%. Da questa circostanza, nel 1978, venne assegnato al batterio il nome di “Legionella” per il genere e di “Legionella Pneumophila” per la specie. Effettuando analisi a ritroso su casi clinici non risolti fu possibile spiegarli come legionellosi, individuando precedenti manifestazioni della malattia negli Stati Uniti fra gli anni ’40 e gli anni ’50. Il primo caso clinico individuato in Italia risale al 1978.

L’habitat caratteristico del batterio è l’ambiente naturale acquatico, in condizioni chimico-fisiche assai diversificate. Ne è stata riscontrata la presenza in un intervallo di temperatura 5,7 °C – 63 °C (ottimale per la crescita 32 °C – 42 °C) ed in un intervallo di acidità 5,5 pH – 8,1 pH (ottimale per la crescita 6,8 pH – 6,95 pH). L’interazione dell’uomo con tale habitat, in cui il batterio si trova a basse concentrazioni, non implica effetti diretti di contaminazione.

Qual'è dunque il meccanismo di trasmissione tra ambiente acquatico ed ambiente antropico? Prima di rispondere occorre considerare che il batterio in acqua è solo in grado di sopravvivere; per riprodursi necessita di entrare in simbiosi con microorganismi elementari ovvero è un parassita facoltativo intracellulare di diverse specie di protozoi. In questa associazione diviene determinante la temperatura dell’acqua (secondo il diagramma di Hogdson-Casey):
  • T < 20 °C i batteri sono assimilati dai protozoi;
  • 20 °C < T < 50/60 °C i batteri proliferano all’interno dei protozoi;
  • T > 50/60 °C morte dei batteri in funzione del tempo di esposizione a tale temperatura.

Il biofilm costituito dalla simbiosi, pur essendo difficilmente riproducibile e coltivabile in laboratorio, ha una probabilità di accadimento molto elevata nell’ambiente antropico, aderendo a superfici solide di varia natura. In particolare sono a rischio impianti di adduzione e scarico, serbatoi e accumuli, sistemi di ricircolo, sistemi di compostaggio, sistemi di umidificazione su impianti ad aria, torri di raffreddamento. Il biofilm rilascia batteri in maniera intermittente al passaggio di acqua sotto forma di aerosol. L’infezione dell’uomo avviene sempre tramite inalazione di aerosol proveniente da biofilm contaminato; non è nota la concentrazione minima necessaria. Il batterio attraversa le vie respiratorie e raggiunge i polmoni, nei quali si riproduce secondo un meccanismo simile a quello della simbiosi tra batterio e protozoi. Non è mai stata accertata una contaminazione diretta tra soggetto sano e soggetto malato. La patogenicità del batterio assume la massima espressione in un campo variabile tra 30 °C e 37 °C, temperatura alla quale esso sviluppa un elevato numero di flagelli. La presenza di flagelli ne accentua significativamente la capacità infettiva.

I fattori di rischio legati all’uomo sono riconducibili all’età, al sesso (i casi di infezione maschile sono circa il doppio rispetto a quelli femminili), ad alcolismo o tabagismo, a malattie croniche o immunodepressive.

La malattia è stata classificata secondo quattro forme cliniche:
  • Quadro asintomatico;
  • Febbre di Pontiac: sintomatologia influenzale che si risolve nell’arco di pochi giorni. Alta diffusione ed assenza di mortalità;
  • Malattia del Legionario: si manifesta con febbre elevata e difficoltà respiratoria. Bassa diffusione e media mortalità (5% - 50%);
  • Forme extrapolmonari.

I fattori di rischio legati all’ambiente sono rappresentati da contesti di tipo specifico quali ospedali, strutture turistico-ricettive, stabilimenti termali, residenze collettive, caserme, nei quali possono verificarsi circostanze favorevoli per l’annidamento, crescita e diffusione del batterio. In particolare impianti idrici estesi e di vecchia data, con rami morti o raramente utilizzati, tubazioni incrostate o corrose su cui aderisce il biofilm dalle quali trae alimentazione, depositi calcarei porosi. I materiali meno favorevoli per lo sviluppo del biofilm sono il rame ed altri metalli quali l’argento. Al contrario il vetro, la plastica ed in particolare la gomma costituiscono superfici facilmente colonizzabili.




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